Amplificatori e filtri nella banda audio
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INDICE
Cap. 1 Amplificazione e filtraggio
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Generalità sul trattamento dei segnali in bassa frequenza. 2
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Dispositivi usati nei sistemi audio. 3
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Adattamento di impedenza. 4
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Amplificatori di bassa frequenza. 4
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Amplificatore di bassa frequenza con A.O 6
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Amplificatori audio con integrati dedicati 7
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Filtri attivi e passivi nelle audiofrequenze 8
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Filtri attivi 10
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Filtri passivi 13
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Cap.2 Progetti
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Amplificatore BF – 7 W 14
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Filtro attivo sintonizzabile tra 450 e 1900 Hz 14
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Capitolo 1 – Amplificazione e filtraggio
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Generalità sul trattamento dei segnali in bassa frequenza
Nella seguente figura possiamo vedere lo schema generale di un dispositivo audio:
Figura 1.1.1: generico dispositivo audio
Il segnale sonoro viene convertito in segnale elettrico amplificato e previo opportuno filtraggio applicato a un altoparlante per l’utente finale. Tale procedimento ha lo scopo di elevare il segnale sia per aumentarne come è ovvio il livello sia per distinguerlo meglio dal rumore inevitabilmente presente nei circuiti elettronici.
Il suono è caratterizzato essenzialmente da 3 elementi base: frequenza, intensità, timbro.
Frequenza: è la frequenza vibrante dell’oggetto che ha emesso il suono, l’orecchio umano è sensibile nella banda di frequenze che va da 20 Hz fino a 20 KHz ma maggiormente tra 1 KHz e 2 KHz, essenzialmente all’interno della banda che viene usata nella telefonia.
Intensità: è l’ammontare di energia sonora per secondo e per unità di area trasportata dall’onda sonora stessa e si misura in W / m2 . Dipende dall’oggetto che ha emesso il suono e decade in maniera proporzionale al quadrato della distanza, cioè detta I l’intensità sonora è: I α 1/ r2 .
L’orecchio umano può sentire un elevato range di intensità, da 10(−12) W / m2 fino a 1 W / m2 . Per l’intensità sonora può essere usata la scala logaritmica in decibel definita come:
I (dB )=10 log ( I / I ) I =10 W / m
(−12) 2
10 0 ove 0 è la più piccola intensità percepita dall’orecchio
umano.
In termini di decibel l’orecchio umano è quindi sensibile tra 0 dB e 120 dB.
La seguente scala da un’idea delle varie intensità in gioco nella vita quotidiana in funzione della frequenza:
Figura 1.1.2: Scherz (Practical electronics for inventors -2013)
Timbro: è il contenuto dei sovratoni(armoniche) contenuti nella forma d’onda sonora emessa dall’oggetto vibrante. In generale due oggetti possono vibrare alla stessa frequenza, ma il contenuto armonico può essere molto diverso da caso a caso ed è proprio ciò che distingue maggiormente un suono dall’altro; ad esempio due strumenti sonori identici ma fatti da 2 fabbriche diverse.
In generale un segnale sonoro è un’oscillazione a una frequenza detta fondamentale con sovrapposta un certo numero di armoniche, il filtraggio di tale contenuto frequenziale è molto importante per esempio in applicazioni quali il mondo hi-fi o televisivo ed è proprio quello di cui ci occuperemo in questa trattazione.
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Dispositivi usati nei sistemi audio
Parlando di intensità sonora facciamo riferimento a una pressione sonora, i sistemi elettronici utilizzano segnali elettrici, occorrono quindi dei dispositivi atti a convertire i segnali sonori in elettrici e viceversa, abbiamo quindi bisogno di microfoni e altoparlanti. Nella catena amplificativa occorrono appunto anche amplificatori e filtri. I filtri possono essere di tipo attivo, cioè con presenza di dispositivi attivi, o passivi con la sola presenza di induttanze, capacità e resistenze.
Vediamo ora microfoni e altoparlanti:
Microfoni: convertono la pressione sonora in un segnale elettrico avente le stesse caratteristiche del segnale sonoro: frequenza, intensità e timbro. Potrebbero essere costituiti per esempio da un magnete detto diaframma che se stimolato dalla pressione sonora, induce una corrente in una bobina che da il segnale elettrico.
Altoparlanti: convertono il segnale elettrico in pressione sonora per l’utente finale. Possono essere costituiti per esempio da una bobina avvolta su un magnete che fa muovere un certo cono di
apertura che genera appunto la pressione sonora, nella seguente figura ne vediamo un esempio:
Figura 1.2.1: altoparlante -Scherz (Practical electronics for inventors -2013)
In generale l’impedenza di un altoparlante dipende da caratteristiche dello stesso sia elettriche che elettromeccaniche e varia con la frequenza manifestando quindi un comportamento non sempre puramente resistivo se non per una banda relativamente stretta di frequenze come si può notare dalla seguente figura, in genere il costruttore fornisce un impedenza nominale media che in figura vediamo essere all’incirca 8 Ω :
Figura 1.2.2: Impedenza di un altoparlante in funzione della frequenza(Biondo Sacchi Riproduzione sonora Hi Fi)
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Adattamento di impedenza
Nel mondo del trattamento dei segnali è molto importante il cosiddetto adattamento di impedenza. Con tale termine si fa riferimento alla migliore interconnessione tra i vari dispositivi presenti nella catena amplificativa, per esempio tra microfono ed eventuale preamplificatore o tra stadio di uscita di bassa frequenza e altoparlante(tipico esempio: radioricevitore). Nel caso ad esempio di uno stadio di uscita e un altoparlante sarebbe desiderabile che lo stadio amplificatore di uscita avesse una bassa impedenza rispetto all’impedenza dell’altoparlante. Schematizzando il tutto con il seguente circuito, si ha:
Vo
RO
50
RL
10k
Figura 1.3.1: accoppiamento stadio di uscita-altoparlante
Infatti il teorema del massimo trasferimento di potenza imporrebbe che la resistenza di carico fosse uguale a quella della sorgente, in questo caso uscita amplificatore-resistenjza dell’altoparlante, ma in generale nei moderni sistemi elettronici quello che importa è essenzialmente il massimo trasferimento di tensione in quanto in tal caso la potenza viene automaticamente avanzata. Con ovvia notazione dei simboli abbiamo:
Vu=V
( RL)
0
L
0 ( R + R
)∼V 0
quando RL è molto maggiore di R0 quindi non vi è attenuazione di potenza. In ingresso è analogo: la resistenza di ingresso dovrà essere molto maggiore di quella di sorgente. Nei moderni amplificatori integrati questo è certamente vero ( Ri∼M Ω )
Inoltre detta Vo la tensione di uscita, Ro impedenza di uscita, RL resistenza dell’altoparlante, si ha:
P =(V /( R + R )) ∗R
2
o o o L O (1.3.1) Potenza dissipata su Ro
P =(V /( R + R )) ∗R
2
L o o L L (1.3.2) Potenza dissipata su RL
vorremmo che la potenza dissipata su Ro sia la più piccola possibile, allora si può introdurre la cosiddetta perdita, misurata in decibel che è il rapporto tra la potenza utile e quella totale:
LossdB=20 log ( RL /( Ro+RL )) (1.3.3)
affinchè sia piccola vediamo appunto che deve essere: RL ≫Ro
Valori tipici di R0 sono dell’ordine di 0.05 Ω mentre per l’altoparlante in genere RL=8 Ω
Un valore di massimo 6 dB è accettabile nella maggior parte dei casi.
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Amplificatori di bassa frequenza
Il cuore della catena amplificativa è appunto l’amplificatore stesso. Come schema generale possiamo riferirci alla seguente figura:
Figura 1.4.1: potenze in gioco nell’amplificazione
L’amplificatore amplifica il segnale con potenza Pi ottenendo una potenza Pu>>Pi, in pratica converte la potenza di alimentazione in potenza utile sul carico essendo: Pi+ Palim= Pu+ Pdiss . Vi è anche una certa perdita per effetto joule Pdiss indesiderata. Generalmente per caratterizzarne la bontà si fa riferimento a:
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Rendimento di conversione η= Pu / P alim (1.4.1)
idealmente η → 1
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Figura di merito: F = P diss / Pu (1.4.2) idealmente F → 0
Tali amplificatori devono tener conto di molti aspetti per rispettare la qualità del segnale audio. In generale ogni amplificatore, se lineare avrà una risposta in frequenza del tipo:
A( f )=∣( A ( f ))∣e( jϕ( f )) (1.4.3)
cioè è caratterizzata da un certo modulo e da una certa fase con ovvia notazione dei simboli. Perchè l’amplificatore funzioni correttamente tali funzioni matematiche devono avere un opportuno andamento. In generale il modulo dovrà essere costante sulla banda del segnale, ove per banda si intende l’intervallo di frequenze dove il segnale varia maggiormente mentre la fase dovrà essere lineare, se queste due condizioni non sono rispettate, abbiamo:
distorsioni di ampiezza: se il modulo della risposta in frequenza è non lineare si introducono le cosiddette distorsioni in ampiezza, in tal caso le componenti frequenziali del segnale non vengono amplificate tutte della stessa quantità, ciò da luogo a distorsioni.
distorsioni di fase: se la fase è non lineare con la frequenza si introducono appunto distorsioni di fase, questo effetto è dovuto al fatto che il segnale utile ha un certo contenuto frequenziale, ogni componente frequenziale viene sfasata in maniera diversa, ciò si traduce in un diverso tempo di ritardo da componente a componente nel passaggio dall’amplificatore dando luogo a un evidente distorsione. Tale fenomeno è abbastanza complesso da analizzare matematicamente tuttavia si può dire che per segnali a banda stretta non crea una vera e propria distorsione mentre invece nei circuiti audio può dar luogo a fastidiosi effetti di distorsione.
Un tipico amplificatore può far uso di amplificatori operazionali (A.O.) o di altri dispositivi integrati dedicati specificatamente a tali applicazione, nella seguente trattazione faremo riferimento ad ambedue le soluzioni, la differenza risiede nel fatto che il μ A 741 può introdurre maggiori distorsioni rispetto a quelli dedicati per il fatto che quest’ultimi essendo progettati appositamente hanno un prodotto guadagno banda molto maggiore dei primi e distorcono molto meno.
Vi sono poi altre importanti distorsioni:
Distorsione armonica: in tal caso nel segnale di uscita compaiono armoniche, cioè componenti frequenziali multiple della frequenza del segnale di ingresso che non erano presenti appunto in tale segnale. Nei sistemi audio è particolarmente fastidiosa per l’ascoltatore la distorsione di 3° armonica mentre può essere gradevole quella di 2° armonica. Le armoniche oltre la terza sono di minore importanza a causa del fatto che la loro ampiezza e quindi la loro influenza è minore.
Distorsione da intermodulazione: è una distorsione di non linearità. Nel segnale di uscita compaiono frequenze che sono somma o differenza delle frequenze del segnale di ingresso.
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Amplificatore di bassa frequenza con A.O.
Un tipico amplificatore con A.O. nella banda audio potrebbe essere il seguente
C2
U?(V+)
560p
U?(V-)
R2
100k
U?
Vi
R1
1k
C?
2
Vu
6
16uF
3
UA741
7
4
1
5
Figura 1.4.1.1: amplificatore passa-banda
amplifica i segnali nella banda di maggior sensibilità dell’orecchio umano tra 10hz e 3khz. La funzione di trasferimento è del tipo:
A( s)=K s
[(s− sL)( s− sH )] (1.4.1.1)
amplifica con guadagno pari a -R2/R1 in centro banda e ha due poli appunto a fL=10hz e fH=3khz, si ha:
f = 1 f = 1
1
2
2
L ( 2 π R C ) H (2 π R C )
1
(1.4..1.2)
Nella seguente figura possiamo vedere la risposta in frequenza di tale circuito realizzata col simulatore Proteus:
Figura 1.4.1.2: Risposta in frequenza dell’amplificatore passa-banda
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Amplificatori audio con integrati dedicati
Amplificatori con A.O. tipo il uA741 lavorano bene per applicazioni non molto critiche, quando occorrono prestazioni più elevate, tipico è il caso hi-fi, dobbiamo usare A.O. dedicati progettati proprio intenzionalmente per tali applicazioni che forniscano anche un amplificazione abbastanza elevata. Si parla anche di amplificatori di potenza. Essi devono avere:
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Prodotto guadagno-banda elevato: cioè alto il prodotto tra la banda dell’amplificatore e il
guadagno dello stesso
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Elevato Slew-Rate: devono cioè essere capaci di inseguire fedelmente le variazioni del segnale di ingresso cosa che è più difficile nel μ A 741
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Elevata impedenza di ingresso
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Basso rumore di ingresso
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Basso voltaggio
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Bassa distorsione
Nella figura seguente possiamo vedere ad esempio lo stadio di uscita di un radioricevitore a modulazione di ampiezza:
Figura 1.4.2.1 Amplificatore di bassa frequenza con LM386, Scherz (Practical electronics for inventors)
In tale schema si fa uso di un A.O. LM386 della Texas Instruments, tale dispositivo è un amplificatore di potenza a basso voltaggio, il potenziometro serve a regolare la voce cioè l’ampiezza del segnale elettrico che verrà amplificato e convertito in pressione sonora sull’altoparlante. Il guadagno di tale integrato dotato di 8 piedini può essere variato interponendo tra i piedini 1 e 8 una certa impedenza il cui valore è fornito dal costruttore.
Qualora il carico abbia bassa impedenza in tali dispositivi occorre fare attenzione al fatto che la corrente di uscita non sia molto elevata altrimenti potrebbero bruciarsi i Transistor finali di potenza dello stesso. In genere si fa uso di dissipatori di calore.
Un tale circuito va bene per applicazioni di medio livello; il segnale immediatamente dopo essere passato attraverso lo stadio di uscita va direttamente sull’altoparlante, ma in applicazioni con prestazioni più evolute quale il settore hi-fi è necessario ricorrere a stadi di uscita un po più sofisticati. Per far questo sono necessari i cosiddetti filtri di crossover che possono essere realizzati in maniera attiva o passiva e che è l’argomento del prossimo paragrafo.
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Filtri attivi e passivi nelle audiofrequenze
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Per filtro in ambito elettronico si intende un dispositivo in grado di far passare componenti frequenziali all’interno di una certa banda e bloccare o attenuare quelli presenti all’esterno di tale banda.
Nella seguente figura è riportata la risposta in frequenza generica di un filtro, nella fattispecie passa- banda:
Figura 1.5.1: risposta in frequenza di un filtro (Millman 1994)
la risposta in frequenza reale si discosta da quella ideale per un andamento non verticale della stessa; il compito del progettista di filtri chiaramente sarà quello di ottenere una risposta che si avvicini quanto più a quella reale, si possono distinguere le seguenti grandezze caratteristiche della risposta in frequenza:
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Banda passante: la zona sull’asse delle frequenze in cui l’ampiezza della risposta rimane costante
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Rolloff: anche se non indicato nella precedente figura, rappresenta la ripidità di variazione della risposta da banda passante a banda bloccata o viceversa
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Banda bloccata: la zona di frequenze in cui i segnali sono attenuati
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Frequenze di taglio: la frequenza o le frequenze alle quali il modulo della risposta in frequenza decade di 3dB, ovvero la potenza dimezza rispetto a quella massima per il segnale che passa attraverso il filtro
Nella figura seguente possiamo vedere le varie risposte in frequenza reali che possono essere ottenute per mezzo dei filtri:
Figura 1.5.2: risposta in frequenza di filtri reali(Fond. di elettronica – Rashid 2002)
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Passa banda: a banda larga o a banda stretta, amplificano frequenze all’interno di una certa banda e attenuano le altre
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Passa-basso: fanno passare solo frequenze fino a una certa frequenza di taglio
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Passa-alto: fanno passare frequenze al di sopra di una certa frequenza di taglio
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Elimina banda: fanno passare frequenze al di fuori di una certa banda
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Passa tutto: fanno passare tutte le frequenze ma introducendo un certo ritardo di fase Vediamo ora le differenze tra filtri attivi e passivi: in generale i filtri attivi hanno notevoli vantaggi
rispetto a quelli passivi, tuttavia sono ambedue molto usati in applicazioni pratiche. I vantaggi stanno nella:
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Flessibilità nell’impostazione del guadagno: in tali filtri rispetto a quelli passivi si può fare in modo che i segnali non vengano attenuati durante il loro trattamento
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Assenza di effetto caricante: hanno elevata impedenza di ingresso e bassa resistenza di uscita per cui il segnale non risulta attenuato nel passaggio da un amplificatore
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Costo e dimensioni: basso costo per la vasta presenza di A.O. in commercio e dimensioni per l’assenza di induttori a differenza di quelli passivi
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Effetti parassiti: bassa presenza di elementi parassiti
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Effetto filtrante: maggior numero di configurazioni filtranti rispetto a quelli passivi Presentano anche alcuni svantaggi:
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Banda usabile: sono inusabili a frequenze un po più alte rispetto alle frequenze audio, i filtri passivi invece possono arrivare fino a 500 MHz
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Deriva: sono sensibili rispetto alle variazioni dei componenti attivi, i quali essendo a semiconduttore presentano scostamenti rispetto ai valori nominali anche per piccole variazioni di temperatura. I filtri passivi ne sono meno suscettibili
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Alimentazione: devono essere dotati di alimentazione
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Distorsioni: lavorano bene fino a una certa dinamica dei segnali di ingresso oltre la quale distorcono in maniera inaccettabile
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Rumore: i componenti attivi introducono del rumore intrinseco che può anche essere amplificato da uno stadio al successivo
Filtri attivi
Nella sua forma generale la funzione di trasferimento di un generico filtro attivo può essere scritta nella seguente forma:
Figura 1.5.1.1: funzione di trasferimento di un generico filtro(Fond. Di elettronica – Rashid) in cui i valori delle costanti K, k1, k2 e k0 possono essere:
k2, k1, k0 = +/-1 oppure 0
K: guadagno in continua, varia da caso a caso. In generale abbiamo per i 5 casi di filtraggio:
Figura 1.5.1.2: funzione di trasferimento di un generico filtro(Fond. Di elettronica – Rashid)
In generale si preferisce usare filtri del secondo ordine massimo a causa della complessità degli stessi all’aumentare dell’ordine del denominatore della funzione di trasferimento e anche perchè la transizione banda passante-banda bloccata è più ripida di quella dei filtri del 1° ordine.
Vediamo ora alcune configurazioni circuitali del primo e del secondo ordine.
Filtri passa basso
Figura 1.5.1.3: passa basso, primo ordine(Fond. Di elettronica – Rashid), non invertente
ha una funzione di trasferimento:
H (s )= K
(s+ω0) (1.5.1.1) ove ω0=1/ RC K =1+ RF / R1
Filtro passa basso del II° ordine
Un filtro passa basso del 2° ordine può essere ottenuto dal primo semplicemente aggiungendo una rete RC uguale alla precedente nel seguente modo, a ottenere la cosiddetta cella di Sallen_Key:
Figura 1.5.1.4: passa basso, secondo ordine(Fond. Di elettronica – Rashid), non invertente
Filtri passa alto
I filtri passa banda sono duali rispetto a quelli passa basso e possono essere ottenuti semplicemente scambiando i condensatori con le resistenze rispetto a quelli passa basso.
Filtri passa banda e progetto
Una classe di filtri particolarmente importante è quella dei passa banda,si possono ottenere in diversi modi, ad esempio ponendo un cascata filtri passa basso e passa banda del 1° e 2° ordine. Per un filtro passa banda con elementi del primo ordine si può avere la seguente configurazione circuitale:
Figura 1.5.1.5: passa banda, (Fond. Di elettronica – Rashid), non invertente Per le frequenze di taglio si ha:
f H =1/( 2 π R1 ‘ RF ‘ ) f L=1 /(2 π R1 RF )
in generale si ha una funzione del seguente tipo:
H ( s)= ( K PB (ωC /Q) s)
C
C
BP ( s2+(ω
/Q) s+ω2 ) (1.5.1.2)
ove:
-
ωc=√(ωL ωH ) è la frequenza centrale del filtro
-
Q= f c / B è il fattore di qualità del filtro, essendo
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B= f H − f L
se Q<= 10 il filtro è considerato a banda larga se Q>10 il filtro è considerato a banda stretta
nelle applicazioni a volte siamo di fronte a esigenze contrastanti:
se Q è elevato il filtro è selettivo, elimina esempio risposte spurie nei radioricevitori(frequenze immagini, fischi ecc), se è più basso invece in uscita il segnale è più fedele a quello originario ma la risposta può conglobare appunto anche rumore, interferenze, ecc. La progettazione di tale filtro è quindi cruciale ad esempio nei radioricevitori.
Filtri elimina-banda
sono derivabili direttamente da quegli altri, esempio dal passa banda:
H BE ( s)= K − H BP (s ) (1.5.1.3)
oppure da passa basso e passa alto:
H BE ( s)= H PA ( s)+H PB (s ) (1.5.1.4)
quando Q è elevato si parla di filtri Notch, molto usati esempio per distorsimetri.
Nella figura seguente possiamo vederne uno realizzato con il simulatore Proteus facente uso della seconda formula:
Figura 1.5.1.6: Filtro elimina banda centrato in 1KHz e banda di reiezione di 400Hz
Un filtro di tale tipo prende il nome anche di filtro Notch e può essere usato per la misura della distorsione di amplificatori.
I filtri attivi trovano applicazione nei circuiti hi-fi esempio tra premplificatori e stadi di potenza e possono servire per controllo di tono, di loudness, equalizzazione, filtraggio crossover ecc..
1.5.2 Filtri passivi
I filtri passivi hanno diversi svantaggi rispetto agli attivi ma possono essere usati sfruttando alcuni dei loro vantaggi. Essi trovano ad esempio applicazione in circuiti di riproduzione hi-fi non molto sofisticati. Nella seguente figura sono usati come filtri di crossover interposti tra amplificatore audio e altoparlanti:
Figura 1.5.2.1: Filtri di crossover passivi (corso di elettronica-analogica – Panella)
Poichè un diffusore unico non riproduce con la adeguata qualità tutte le bande di frequenza conviene usare 3 diffusori, detti woofer, midrange, tweeter i cui segnali sono filtrati appunto da questi filtri di crossover; essi sono costituiti in massima parte da induttanze e capacità; l’impedenza di tali filtri va in parallelo all’impedenza del singolo altoparlante(diffusore) per cui nel progetto occorre tenerne conto. Purtroppo tali diffusori possono avere non solo componente resistiva utile ma anche componente induttiva soprattutto, abbiamo visto che c’è una bobina mobile sul cono, che va in parallelo a quella dei filtri; questo fenomeno è difficile da stimare in fase di progetto perché dipende sia dalle condizioni di funzionamento che da altri fattori: fabbricazione, materiali, ecc.. Per i 3 diffusori si ha che:
Woofer: funziona da 20 Hz fino a 200 Hz Midrange: funziona da 500 a 3KHz Tweeter: funziona oltre 3 KHz
Capitolo 2 – Progetti
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Amplificatore in bassa frequenza da 7W (rms)
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Filtro attivo sintonizzabile tra 450 e 1900 Hz
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Utile in uscita di apparati riproduttivi microfoni o radioricevitori, il progetto non usa alimentazione duale per convenienza, basta una pila da 9V
BIBLIOGRAFIA
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Fondamenti di elettronica – M. Rashid
-
Elettronica lineare e digitale vol. I e II – Mirri
-
Microelettronica – Millman
-
Pillole di elettronica analogica – Grilloni
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Practical electronics for inventors – Scherz
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Corso di elettronica analogica – Panella
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Riproduzione sonora hifi – Biondo Sacchi